China
Ma al sottoscritto piace sperimentare e adottare tecniche nuove come quella ottenuta realizzando opere d’Arte con pennini ce tracciano, sulla carta, segni di larghezza varia, fino a dieci millimetri, dove sono riuscito a creare armonie eleganti fra luce e ombre, specialmente nel soggetto del porto di Pesaro. Oppure, all’opposto, con un segno fino ho realizzato lavori che assomigliano a trine e pizzi. In quel periodo, alla fine degli anni sessanta e l’inizio dei settanta, ho esplorato, in tutte le direzioni, il territorio tra Pesaro, Fano e Urbino per ritrarre, sui fogli di carta Fabriano, i tanti centri minori arroccati sulle cime delle colline oppure distesi nelle pianure delle valli del Foglia e del Metauro. E’ in questa ricerca di paesaggi urbani e agricoli, condotta con entusiasmo e anche con spirito critico e tecnico che ho imparato a capire il lato poetico di queste terre. Per questo in alcune opere, ho tolto quello che ritenevo superfluo per far risaltare altri elementi ben più importanti: in alcune vedute panoramiche ho eliminato il paesaggio agrario o naturale intorno al centro abitato isolandolo, mentre in alcuni scorci di strade o vicoli stretti no ho accentuato la verticalità stringendo i muri laterali e allungando la pavimentazione.
Nel 1976 vi è stata una importante svolta con il cambio del soggetto; non più vedute di città e paesi, ma ho preso in considerazione la “donna”, immagine comune, con tutta la sua bellezza e attrazione. L’idea mi è venuta dalla fotografia di una modella ritratta al sole, sotto una foglia di palma, così l’ombra disegnava sul corpo un motivo di fasce quasi parallele e sinuose, motivo per me molto interessante. Più avanti e con sperimentazione, ho sostituito al nero delle fasce, i colori delle chine che si sono trasformate, da ombre, in fasce di luce. Quindi mani, gambe, visi e torsi di donna li fatti risaltare, rivelare da fasce parallele di colori sgargianti che emergono dal fondo bianco del foglio.
Un’altra strada che ho intrapreso, dagli anni 80, è stata quella di realizzare opere estremamente stilizzate riducendo il soggetto “donna” a vari profili, quasi dei “logo” che si ripetono in successione geometrica e spesso in colori alternati, oppure sparsi in varie composizioni libere che nell’insieme sono quasi astratte. Come ha fatto il pittore Capogrossi, le ho denominate “superfici” e numerate per renderle identificabili.