Riflessioni sulla mia arte

Ritengo che ogni artista abbia una sua “arte” identificabile nella sua visione o interpretazione del mondo e nell’evoluzione stilistica e tecnica delle opere d’Arte che produce.

Non mi piace fare dei resoconti sulla mia storia artistica, dato che il passato non torna indietro se non in vaghi ricordi. Il mio modo di vedere il mondo e la società non è tanto cambiato da quando ho allestito la prima mostra alla Piccola Galleria in via S.Ubaldo a Pesaro, se mai si cambia nel tempo con una maggiore responsabilità e consapevolezza nel proporsi, insomma con una maturità di pensiero che porta a una particolare evoluzione dell’opera d’Arte.

Quella prima esposizione delle mie opere, quindi disegni a china di vedute di Pesaro ha segnato l’inizio, in quel maggio del 1967, di questo percorso che non è stato su un’autostrada ma piuttosto in un reticolo di strade più o meno secondarie dove a mio avviso, ho scelto quelle giuste. Quindi un inizio con vedute pesaresi un po’ scolastiche, tranquille, con una buona grafica e molto vicine alla realtà.

Ma al sottoscritto piace sperimentare e adottare tecniche nuove come quella ottenuta realizzando opere con pennini che tracciano, sulla carta, segni di larghezza varia, fino a dieci millimetri, dove sono riuscito a creare armonie eleganti fra luce e ombra, specialmente nel soggetto del porto di Pesaro.

Oppure, all’opposto, con un segno fino ho realizzato lavori che assomigliano a trine e pizzi.

In quel periodo, alla fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70, ho esplorato in tutte le direzioni  tra Pesaro, Fano e Urbino per disegnare, sui fogli di carta Fabriano, i tanti centri minori arroccati sulle cime delle colline oppure distesi nelle pianure delle valli del Foglia e del Metauro, ed è in questa ricerca di paesaggi urbani e agricoli, condotta con entusiasmo e anche con spirito critico che ho imparato a capire il lato poetico di questa terra.

Per questo in alcune opere, ho tolto il paesaggio agrario e quello naturale che ritenevo superfluo per far risaltare altri elementi ben più importanti come le case e gli edifici del culto e dello stato, mentre negli scorci di strade o vicoli stretti ne ho accentuato la verticalità facendo risaltare i muri laterali e allungando le pavimentazioni.

Poi nel 1976 vi è stata una importante svolta con il cambio del soggetto; non più vedute di città e paesi, ma ho preso in considerazione la “donna”: immagine comune, ma con tutta la sua bellezza e attrazione data da quello straordinario insieme di viva ammirazione, sogni e pensieri.

L’idea mi è venuta dalla fotografia di una modella ritratta al sole sotto la foglia di palma, così l’ombra disegnava un motivo di fasce quasi parallele e sinuose motivo che per me è stato molto interessante.

Successivamente, con varie sperimentazioni, ho sostituito al nero delle fasce, i colori delle chine che si sono trasformate da ombre in segmenti di luce. Quindi mani, gambe, visi e corpi di donna li ho fatti risaltare, rivelare da tante fasce parallele di colori sgargianti che emergono dal fondo bianco del foglio. Più tardi queste fasce sono diventante irregolari, addirittura intersecate tra loro contribuendo ad una maggiore movimentazione di colori e questa variante la utilizzo ancora bene con la tecnica del legno dipinto.

Un’altra strada che ho intrappreso, dagli anni ottanta è stata quella di realizzare opere estremamente stilizzate riducendo il soggetto “donna” a vari profili, quasi dei “logo” che si ripetono in successione geometrica e in colori alternati, oppure in varie composizioni libere che nell’insieme sono quasi astratte. Come ha fatto il pittore Capogrossi, le ho denominate “superfici” e numerate per renderle facilmente identificabili.

Ma essendo un artista smanioso di fare cose nuove, nel 1989, dopo aver visto un’opera di Nespolo e fatto un po’ di ricerche, ho adottato la tecnica del legno dipinto che ben si adatta al mio soggetto. I risultati sono stati validi, anche per la particolare intensità dei colori acrilici che rendono degli effetti molto piacevoli al quadro.

Il tema del balletto mi è molto congeniale per la resa del movimento ritmato della musica moderna, perciò un certo numero di ballerine, tutte uguali nell’immaginario dello spettatore, nel quadro assumono pose dinamiche che sembrano muoversi a tempo di musica. A mio modo è un rincorrere il mondo di Renoir e di Toulouse Lautrec, i pittori delle scuole di ballo e dei locali parigini della fine dell’ottocento.

Attualmente, essendo negli anni duemila, la scena cambia, ed ecco i grandi e celebri teatri delle grandi città europee e americane, oppure le discoteche e i più raffinati locali notturni: i night club.

Ma la protagonista è sempre Lei, questa donna che si esibisce in balli, spogliarelli o altro, perciò mostrando sempre la sua bellezza e la sua bravura nel proporsi. In “Tango” la ballerina si muove sulle note della celebre musica argentina fra lo svolazzo di una sciarpa e un invisibile compagno dal quale ha ricevuto una rosa rossa e nel “Balletto n°6” le ballerine di danza classica volteggiano in una scenografia estiva all’aperto, poi in “ Lo spettacolo è finito” il sipario rosso, che si chiude fra la prima-donna e il pubblico, mette termine al suo numero e alla serata.

In questi anni recenti mi sono orientato in altre immagini in movimento, fermate in un attimo ben definito e ho mirato, anche, a soggetti presi dalla vita più comune o addirittura a sceneggiature di vita domestica. Nella “ Passeggiata fra i capanni ”tre signore parlano, o spettegolano, in una loro amica non presente, nel “ Telefonino “ la ragazza trattiene con forza il suo cellulare, dato che qualcuno potrebbe rubarglielo e lei si sentirebbe perduta nella disperazione; con la “ Chiave” c’è l’attimo della sorpresa nelle mani nervose della donna che vorrebbero aprire, nell’oscurità, una porta già aperta. In “ Tu sei matto “ la signora, seduta sul divano, nega qualche cosa di non ben definito, al suo uomo, con quel gesto eclatante che ben conosciamo. “ Il rossetto “ è un semplice gesto della cosmesi femminile che si ripete ogni giorno e chissà se in futuro andranno di moda le labbra delle giovani dipinte cosi! Mentre in “ Il sogno “ la ragazza, felice e tranquilla, che dorme sul divano, sogna il richiamo della sua amica.

Perciò sono eventi lievi, gioiosi, alternati e improvvise paure e incertezze che sono tipiche nella vita della donna di questa epoca così complessa.

Negli anni duemila ho sperimentato anche la tecnica del “ collage “ dove mi sono divertito a ritagliare, dai periodici di moda, molte fotografie dedicate all’universo femminile che hanno dei requisiti di qualità di stampa, colori ed espressioni del voto e del corpo. Così ripulite dalle varie pubblicità, le fotografie sono state inserite in composizioni con motivazioni molto diverse da quelle originali. Inoltre le ho associate a profili ritagliati in carte colorate e applicate su fogli di carta bianca, quindi intitolate “ frammenti “ o “ superfici “. In questa maniera ho realizzato dei lavori con vari materiali tra i quali la plastica, abbinata alla carta, di dimensioni medie e piccole come per “ L’agenda dell’adolescente “ da vedersi sfogliandola e gustarla come un libro illustrato.

Così come sono a mio agio nel lavorare con penne, pennarelli, colori, spatole, forbici e taglierino, così sono ben felice di maneggiare con carte vetrate, raspe e seghetti per modellare legno e metalli, in genere alluminio e ottone. Questo per ricavarne opere scultoree che sono “ bassorilievi “ oppure a “ tutto tondo “. Le prime sculture che ho realizzato hanno seguito il mio percorso artistico, essendo del primo periodo, le ho intitolate alla città: due fogli di alluminio inciso con uno scalpello e congiunti ed ecco “ Pesaro “ con il cielo e il mare, poi altre come la “Città verticale“  che risente parzialmente di quella bellissima mostra allestita a Pesaro da Arnaldo Pomodoro nel 1971.

Un’altra bella mostra realizzata in questa città nel 1972 è stata quella di Ceroli. Questo scultore validissimo ebanista, mi ha aperto una porta piccola, ma importante: le sue sagome in legno di figure variabili, mi hanno dato la possibilità, in contesti molto diversi, di ricavare dei motivi grafici e di conseguenza, scultorei, assemblando fra loro forme femminili uguali o diverse, in positivo oppure in negativo e avere, infine, composizioni valide. Con il soggetto della donna hoprodotto delle opere più espressive, nel mio modo di vedere il mondo, quindi più importanti come “Il bichini”, in ottone, realizzata nel 1977; inoltre i bassorilievi in legno e plexiglass trasparente dove ho lavorato, in modo proficuo, su due piani; poi a “ tutto tondo” con le “Gambe n°14“, “Frammenti n°5” la “Vela della memoria” entrambe del 1995, la “Genesi” in legno e “tessuto con tessuto” del 2002, “I nuotatori” del 2004, sono ironici e il “Cerchio grande” del 2012, costituito da profili di visi con diverse acconciature colorate, sono sculture molto diverse fra loro che, pur nell’ambito della figurazione, debbono essere guardate con una speciale attenzione, come del resto è per tutta l’Arte.

In tutti questi anni di attività artistica condotta con impegno, curiosità e tanta voglia di sperimentare materiali e tecniche, stando ben attento a non andare nell’imitazione di opere già realizzate, mi sono accorto di aver realizzato un percorso dettato da un filo conduttore ben definito che è quello dell’interesse verso il paesaggio urbano, nel primo periodo. Paesaggio che ho inteso come scenografia allo svolgersi della nostra vita ed è costituito, secondo il mio pensiero, dalle tante nicchie psicologiche di noi esseri umani.

Poi, nel secondo periodo, con il soggetto della “donna” dal quale è difficile distaccarsene, ho infuso nelle mie opere questo grande amore per l’altro sesso espresso in giochi di forme, di colori e in seguito nella ricerca di aspetti delle azioni comuni e quotidiane, dove c’è poesia, bellezza e anche il senso ironico.

Clemente Rizzatti